2003 - CHO OYU (8201 m) Cina

CHO OYU – 8.201 m (CINA, aprile – maggio 2003)


Il Cho Oyu con i suoi 8201 m è la sesta montagna più elevata della terra e, situato sul confine tra Tibet (Cina) e Nepal, è a soli 30 km dall’Everest.

La nostra è una mini-spedizione composta da tre alpinisti: Dellupi Paolo, Cimenti Carlalberto ed io. E' appunto il Cho Oyu il nostro obbiettivo, il tentativo lo effettueremo dal versante tibetano lungo la cresta nord-ovest. In Tibet entriamo via terra dal Nepal, passando il posto doganale Kodari-Zagmo. E’ un viaggio lungo e faticoso che ci consente di vedere e conoscere almeno una parte di questo popolo e della sua cultura millenaria. Il Ponte dell’Amicizia segna il confine tra i due Paesi. Qui la strada, ormai definitivamente sterrata e in buone condizioni, prosegue in costante salita. La pista è delimitata da profondi orridi che incutono timore.  A quota 3600 m compare Nyalam. Come a Zagmo anche qui le abitazioni sono costruite con uno stile completamente diverso da quello nepalese: casermoni in cemento a più piani, sicuramente funzionali ma brutti da vedere. A Nyalam sostiamo due notti per acclimatarci meglio. Per non incorrere nelle solite problematiche dovute alla mancanza di igiene o alla disabitudine a piatti troppo diversi dalla nostra cucina mediterranea, consumiamo esclusivamente il nostro cibo italiano. Nei pressi del villaggio si presentano diverse possibilità di salire montagne di 4000  5000 m. Noi tentiamo un piccolo monte probabilmente oggetto di qualche sacralità, vista la presenza di numerose “preghiere che svolazzano” lungo tutto il percorso di salita. E’ una piacevole giornata, il sole oltre a scaldare ci permette la visione delle montagne circostanti e di parte del percorso che effettueremo in seguito. I circa 600 m di dislivello che occorrono per l’ascensione sono un ottimo lavoro di acclimatazione. Giunti in vetta, un vento incalzante ci invita a scendere. Questa notte ha nevicato, ma ora il cielo è tornato sereno e la neve sulla pista si sta velocemente sciogliendo. Il percorso, in continua ma graduale salita, non offre punti di particolare interesse. In seguito avvicinandoci al passo La Lung La (5050 m), la vallata si apre ed appare in tutta la sua imponenza lo Shisha Pagma (8014 m). E’ il primo regalo di questo viaggio e sostiamo una mezz’oretta per godercelo appieno. Le strade sono in ottima condizione, la riprova è che siamo a bordo di un pulmino e non di un fuoristrada. Oltre a noi tre alpinisti, l’autista cinese e il cuoco nepalese di nome Ciowua.

Compaiono i primi villaggi in stile tibetano con muri in pietra intonacati e pitture decorative incorniciano porte e finestre. I tetti sono piani, indice di scarsità di precipitazioni e clima secco. Sopra il tetto trovano locazione scorte di legname e sterco di yak a seccare. Ogni tanto incrociamo greggi di pecore, yak e capre che pascolano liberamente. Un pascolo vero e proprio non esiste, nei pressi dei corsi d’acqua si trovano muschi, licheni e piccoli vegetali in grado di sopportare il rigido clima tibetano. Cinque ore di viaggio e siamo a Tingri (4300 m). Insieme a Zagmo e Nyalam sono gli unici centri degni di nota in quanto a dimensioni e possibilità di vitto e alloggio. Il cielo è tornato a coprirsi, ciò nonostante con Paolo decidiamo di camminare un po’ nei dintorni. L’incontro con due ragazzine tibetane diventa una piacevole sorpresa e così il gruppo si allarga. Specialmente nei tratti in salita si procede lentamente poiché la quota incomincia a sentirsi.

Incrociamo un accampamento di una spedizione diretta al campo base dell’Everest, tutti rintanati nelle tende. Si è alzato un forte vento che ci invita ad entrare nell’alloggio, anche per evitare l’insorgere di fastidiosi mal di testa. Nella gelida stanza cuciniamo un buon piatto di pasta, mentre per digerire meglio, vista la bassa temperatura di 6°C, ci spostiamo nel locale unico riscaldato dei proprietari dell’alloggiamento. Qui una stufa posta in posizione centrale è costantemente sotto la sorveglianza di un anziana signora che pazientemente alimenta con sterco di yak e qualche rametto di arbusto, forse con funzione aromatica. Come segno di ospitalità ci viene servita una tazza di thé. Ogni qualvolta la tazza si svuota qualcuno la riempie. Come vuole la loro tradizione, quando si è sazi si deve avanzarne un po’. Sembra di essere in un posto remoto dove il tempo ha perso ogni valore. L’incantesimo finisce presto. Il figlio del proprietario accende il televisore ed introduce una videocassetta con un film di guerra americano a pieno volume. Di buon mattino con Carlo e Paolo, parto per una passeggiata di acclimatizzazione. Visitiamo la parte di villaggio più vecchia, indubbiamente qui le abitazioni sono più interessanti, ma il numero elevato di parabole sottolinea che oramai i cinesi hanno stravolto questa antica cultura. Probabilmente per capire almeno in parte questo popolo occorre allontanarsi dalla strada che conduce a Lasha da Kathmandu ed inoltrarsi nei villaggi più remoti. Nonostante ciò che affermano i cinesi permane una forte diseguaglianza: questi ultimi si muovono con autocarri e fuoristrada, i tibetani per contro con carretti trainati da animali. I cinesi gestiscono il commercio e occupano i posti dell’apparato statale, i tibetani coltivano la terra. Giornata splendida, basta allontanarsi un centinaio di metri dal villaggio e spuntano i due colossi Himalayani: a destra il Cho Oyu e a sinistra l’Everest. Dalla cima di un monte godiamo di tutto ciò, mangiando le arance comprate al mercato di Nyalam. Con Tingri abbandoniamo l’ultimo villaggio e la strada per Lhasa. Sono le ultime due ore di viaggio che conducono al campo base cinese. Qui inizia il trekking di due giorni che ci condurrà al Campo Base Avanzato (ABC), l’effettivo punto di partenza per la salita alpinistica al Cho Oyu.

Ci accompagna l’ufficiale di collegamento, poco loquace e alquanto antipatico, che controlla i nostri permessi e i nostri documenti. Il campo base cinese è a quota 4800 m, nei pressi di un piccolo torrente. Incomprensioni e maleducazione da parte dell’autista, ci obbligano a trasportare tutto il materiale a mano per un centinaio di metri. A quella quota e con un vento incalzante, ciò ci debilita non poco. Il successivo montaggio delle varie tende è il colpo di grazia! Esausti ci rinchiudiamo nella tenda mensa, ma il forte vento ci obbliga a continue uscite per verificare gli ancoraggi. Nonostante tutto Chowua riesce a preparare spaghetti al formaggio, patate bollite, una minestra e del riso bollito. Giornate intense e faticose preludio per quello che ci aspetta nei giorni a venire! Verso sera la temperatura si abbassa e comincia a nevicare. Qui in Tibet vengono utilizzati gli yak per il trasporto dei materiali all’ABC. Abbiamo concordato con l’agenzia l’utilizzo di tre yak a persona. Ogni yak trasporta 40 kg. Sommando anche uno di diritto al cuoco, ci spettano dieci yak per un carico di 400 kg. Guardando il gran numero di sacchi si capisce subito che siamo ben oltre a questo limite. Il cuoco “furbone” ha acquistato cibo per una spedizione di almeno otto componenti, probabilmente pensando di riportarsi a casa tutto l’eccesso.

Visto che ogni yak extra costa almeno 70 dollari, porteremo solamente ciò che è indispensabile lasciando qui almeno il 60% dei materiali e alimenti. A questa quota restiamo altri due giorni per i consueti motivi di acclimatizzazione. Carlo accusa problemi di dissenteria, Paolo lamenta mal di testa, orecchie tappate e inappetenza. Incrociando le dita, io sto bene!

Al campo sono presenti tre spedizioni di tipo commerciale cioè con guide, portatori d’alta quota, ossigeno ed ogni tipo di aiuto per favorire e facilitare la salita. La prima riunisce un gruppo misto di tedeschi e austriaci dell’Amical, forse l’agenzia europea più rinomata tra quelle che organizzano spedizioni commerciali, una seconda comprende cinque tedeschi e infine l’ultima che raggruppa quattro australiani. A detta dell’ufficiale quest’anno ci saranno complessivamente solo dodici spedizioni che tenteranno di salire il Cho Oyu, poiché ricorre il cinquantenario della prima salita all’Everest. Basti pensare che proprio al campo base dell’Everest è presente una spedizione mista Giappone-Corea di 150 persone! Nonostante tutto il nostro impegno per la cernita dei materiali, accusiamo un extra di 120 kg, l’equivalente di altri tre yak. Ogni yak costa 55 $ più un conducente ogni tre a 75 $, per un totale di 240 $. Scopriamo però che tutto questo meccanismo è una frode bella e buona! L’ufficiale di collegamento, d’accordo con i proprietari di yak, inscena la farsa: durante le pesate di verifica degli equipaggiamenti, mediante una bilancia di appartenenza dei proprietari degli yak e quindi di difficile controllo, aumenta palesemente i kg. Oltre a ciò, pretende di caricare gli yak con oltre 60 kg a testa invece dei 40 teorici. Morale: noi paghiamo 13 yak, ma i nostri materiali vengono portati da soli 10 animali! Mastichiamo rabbia ma saggiamente non intraprendiamo una giusta protesta e attendiamo che carichino gli yak. Questi splendidi animali sono assai selvatici e non molto propensi a farsi caricare, onde per cui il lavoro può essere alquanto pericoloso se non si possiede una certa esperienza. Si percorrono lunghe morene in modo di aggirare il Cho Oyu sulla sinistra, in direzione del versante nord-ovest, sul quale è presente il nostro itinerario di salita. Camminare a queste altitudini è faticoso, frequenti sono le soste che vengono buone per fotografare e filmare. Per fortuna il dislivello da compiere è graduale e distribuito lungo un notevole sviluppo. Di notte nevica ricoprendo le tende di 15 cm di neve fresca. In un angolo del cielo un fascio luminoso induce a sperare in un miglioramento meteorologico. Dobbiamo comunque calzare scarponi di plastica e vestirci più pesante. I tre tibetani che accompagnano i nostri 10 yak sono alquanto maldestri. Forse con poca esperienza in merito, non riescono a legare bene i materiali sul dorso degli animali e questo provoca continue soste. A mano a mano che si avanza, il terreno si fa più insidioso con continui sali scendi. Fortunatamente la giornata è splendida!

Compaiono intorno a noi montagne sempre più imponenti dai nomi sconosciuti. Nel tratto finale prima di giungere all’ABC appare alla nostra destra un enorme ghiacciaio solcato dai “penitentes”(ghiaccio a forma di vele), si tratta del Gaybrag Glacier. Eccoci al campo base avanzato (ABC), la nostra casa per un mese intero, alla quota di ben 5750 m.


Lunedì 21/04/03

Lasciati i vari malesseri di ieri legati agli sforzi e all’altitudine, oggi stiamo tutti bene. Effettuiamo qualche lavoro di ancoraggio alla tenda mensa e piazziamo finalmente la tenda toilette. Giustamente oramai tutte le spedizioni ne fanno uso, diventando così più sicuro passeggiare tra le morene del campo base. Ora più stabili, incominciamo ad estrarre dai bidoni le leccornie portate dall’Italia: nutella, olio extra-vergine, paté di olive, maionese……tutti alimenti atti a rendere più piacevole il nostro soggiorno a questa quota. Parallelamente oltre a vitamine e fermenti lattici, incominciamo a ingoiare pastiglie di potassio, zinco, magnesio, maltodestrine e sali minerari vari. Gli sherpa della spedizione tedesca vicina alle nostre tende, celebrano un rito religioso buddista molto simpatico. Piccozze, ramponi, scarponi…appartenenti agli alpinisti, vengono posti ai piedi di un improvvisato stupa (edificio religioso) contornato da fili a cui sono appese bandierine colorate che riportano scritti di preghiere. Vengono offerte alla divinità cibi vari e lanciato in aria riso. Il tutto di buon auspicio per l’ascensione alla “dea del turchese”, questo è il nome del Cho Oyo tradotto nella nostra lingua. Nel pomeriggio una copiosa nevicata ci obbliga a rintanarci in tenda e dedicarci alla lettura.


Martedì 22/04/03

Decidiamo di effettuare un sopralluogo in direzione campo I. L’idea è di giungere al Killer Slope, cioè il punto in cui si lasciano le morene ed inizia la vera e propria salita al campo I. Sprovvisti di zaino, il passo riesce ad essere decente nonostante la quota. Paolo ha qualche problema di respirazione e a circa metà percorso decide di rientrare. Carlo ed io proseguiamo in modo da comprendere al meglio l’itinerario. E’ comunque faticoso camminare su queste morene instabili, un continuo saliscendi che impegna anche durante il ritorno. All’ABC siamo invitati a partecipare ad un “meeting” tra le diverse spedizioni: francesi, spagnoli e australiani. La questione aperta è l’utilizzo degli sherpa d’alta quota. L’argomento ci è completamente estraneo visto che non ne possediamo, per cui salutiamo e andiamo a mangiare. Paolo è in tenda e non si sente troppo bene. Ha problemi di infiammazione alle vie respiratorie che decide di curare mediante la somministrazione di antibiotici specifici, oltre a ciò si sente alquanto debole avendo trascorso la notte sveglio, impegnato com’era in crisi diarroiche.


Mercoledì 23/04/03

E’ la giornata dei preparativi. Domani effettueremo la prima salita al campo I. Porteremo tre tende, due resteranno al campo I e la terza la posizioneremo in seguito al campo II. Carlo ha intenzione di portare una bombola di ossigeno con erogatore a scopo sicurezza. L’obiettivo è di posizionare le tende e scendere a dormire all’ABC. E’ arrivata oggi la settima spedizione, è di nazionalità inglese e affronta la salita in stile commerciale. Si scorgono molte persone intente a piazzare quelli che noi abbiamo soprannominato “tendoni del circo”.


Giovedì 24/04/03

Abbiamo suddiviso i pesi in maniera diseguale in relazione al fatto che Paolo in questi giorni è stato meno bene rispetto a noi. Nella prima parte del percorso l’assenza di salite consistenti non crea problemi di sorta. Il secondo tratto - Killer Slope - presenta invece una salita dura e continua, qui mi accorgo che il mio zaino è troppo pesante per il mio fisico. Carlo dimostra di essere veramente forte, nonostante il suo zaino sia il più pesante in assoluto, mi distacca di 30 minuti. La giornata è stupenda! Al campo I (6450 m) riusciamo a piazzare una sola tenda poiché della seconda si rompe una bacchetta. Siamo tutti esausti, ogni movimento costa un enorme dispendio di energie. Oltre alla nostra tenda ci sono altre sette tende appartenenti ad altre tre spedizioni: spagnoli, francesi e australiani. Si scorgono in lontananza alpinisti diretti al campo II. Mettiamo tutti i materiali trasportati in un unico sacco nero all’interno della tenda, che ancoriamo bene con l’ausilio di picchetti, bastoncini e sassi in modo da non avere brutte sorprese in seguito. Lasciamo velocemente la quota ancora nociva del campo I per rientrare all’ABC dopo otto ore dalla partenza di stamani. Da oggi iniziamo a utilizzare anche il Tiobec, un potente antiossidante ideale per il recupero della funzionalità cellulare.


Venerdì 25/04/03

Decidiamo di restare due giorni all’ABC per recuperare forze e continuare il lento lavoro di acclimatizzazione. Un australiano mi permette di ricaricare un poco la batteria della mia telecamera. Per riprendere ai campi alti è indispensabile avere batterie di scorta considerato che il freddo le scarica in pochi attimi. All’ABC convivono con alpinisti e sherpa anche giovani tibetani che attirati dalle spedizioni vendono monili, bevande, effettuano servizio di trasporto materiali al campo I, portano acqua e praticano accattonaggio. Di fronte all’ABC è situato il passo Nangpa-La (5700 m). Quasi tutti i giorni si scorgono tibetani diretti in Nepal per commerciare oppure diretti in pellegrinaggio dal Dalai Lama in India.


Domenica 27/04/03

Tempo bello! Gli zaini sono pesanti, d’altronde sono zeppi di tutto ciò che occorre per la progressione e la permanenza in alta quota. Carlo come sempre porta lo zaino più pesante, forse dovrebbe fare lo sherpa di mestiere! Di tutte le spedizioni presenti per tentare di salire il Cho Oyo in questa stagione, siamo l’unica a non utilizzare portatori d’alta quota. La differenza è sostanziale perché è proprio portare materiali a queste quote che maggiormente debilita il corpo fino a precludere il successo della salita. Salutiamo il cuoco Ciowua. Leggiamo nei suoi occhi la voglia di salire con noi, ma è lui stesso a rinunciare; purtroppo qualcuno deve restare per controllare eventuali furti dei materiali. Lungo il cammino incontriamo i tedeschi dell’Amical e gli spagnoli, i quali con la scusa che proveranno a scalare anche il Lothse sono qui da oltre un mese e non sono saliti ancora al campo II. Eccoci al Killer Slope! Qui con ritmi diversi saliamo al campo I. Io ho faticato assai meno, giungendo in 3 ore e 25 minuti (la prima volta in 4 ore e mezza) poi Carlo in 3 ore e 35 minuti e Paolo in 4 ore. Insomma tutti siamo migliorati. Con Carlo ripariamo e piazziamo la sua tenda monoposto ed iniziamo il monotono lavoro dello scioglimento della neve in acqua. In tempi diversi cucino pasta, minestra e qualche litro di thé per tutti.


Lunedì 28/04/03

Vivere in due in una tendina a queste quote è assai disagevole. Occorre mantenere un ordine militaresco e cercare di creare meno fastidio possibile al compagno. L’area adibita a cucina è esterna, nell’atrio coperto dal sovratelo, anche se in caso di tempo pessimo occorre cucinare internamente. Questa soluzione è da adottare solo in casi estremi poiché si può incappare nel rischio di danneggiare la tenda stessa o bagnare il sacco a pelo e abbigliamento vario. Occorre avere sempre un sacco di neve pulita da sciogliere. La disidratazione, subito dopo il mal di quota, è il problema maggiore che si può verificare. Gli scafi degli scarponi in plastica è meglio posizionarli esternamente nell’atrio e chiusi in un sacco, viceversa le scarpette dentro la tenda e, nei campi alti, dentro al sacco a pelo per tenerle al caldo! A causa della rigida temperatura notturna all’interno della tenda si crea una condensa che può trasformarsi – al sorgere del sole – in un’indesiderata pioggia, morale: non è facile mantenere uno stato d’animo alto e propositivo! Altri disagi che si aggiungono ai più consueti, dettati per lo più dalla mancanza di ossigeno e dalla probabile difficile digestione, consistono nell’effettuare le naturali operazioni di toilette. Per urinare si usa un improvvisato pappagallo, ovvero una bottiglia di plastica con il collo mozzato, mentre per defecare i problemi sono maggiori e se possibile è meglio gestire la cosa in modo da non dover uscire dalla tenda di notte a causa del troppo troppo freddo! Questa notte Paolo ha registrato un bel –18°C all’interno della tenda, chissà fuori!


Martedì 29/04/03

Siamo ancora al campo I, corre voce che ci aspettano tre giorni di cattivo tempo. Decidiamo quindi di rinunciare a salire al campo II e scendere all’ABC. Stare qui gioverebbe poco e inciderebbe negativamente sul morale. Questa notte ha nevicato, lasciando a terra 15 cm. Effettuiamo un veloce controllo agli ancoraggi delle tende e scendiamo solerti. Paolo ha nuovamente disturbi allo stomaco. La colazione a base di cereali, muesli e latte, preparate in Italia, sono troppo pesanti da digerire per il suo stomaco e dovremo vedere di sostituirle con qualcosa di più leggero; per contro Carlo invece non vede l’ora di divorarle! Nel pomeriggio all’ABC Paolo presenta nuovi problemi alla gola e mal di testa. Ora alle 16.00 nevica e c’è una visibilità di circa cinquanta metri. Abbiamo fatto bene a scendere!


Mercoledì 30/04/03

Giornata di attesa! Tempo pessimo, ideale per dedicarsi alla lettura. Ho terminato di leggere “L’idiota” di Dostoevsij, piuttosto pesante, e posso ora dedicarmi ad una lettura più leggera ambientata in Tibet: “La spia sul tetto del mondo” di Sydney Wignall.

Incomincia a farsi sentire la nostalgia di casa, delle persone care: Stefania e mia madre. Spero che questa ulteriore esperienza possa migliorare i miei atteggiamenti nei loro confronti. In certi momenti il troppo freddo, la perdita di appetenza, la dissenteria, i problemi dei tuoi compagni e i vari disagi ti logorano e diventa difficile trovare motivazioni valide per restare e andare avanti. Poi basta solo uno squarcio di sereno, basta vedere la montagna dei sogni e allora tutti i pensieri bui si volatizzano e pensi che tutto ciò valga la pena!


Giovedì 01/05/03

Nottata gelida! Ho dormito vestito dentro i miei due sacchi a pelo, ciò non è bastato a proteggermi dal freddo pungente. Paolo è nuovamente il più colpito: accusa una nuova infiammazione alle vie respiratorie. Doveva essere il giorno della partenza, ma non me la sono sentita di lasciare da solo Paolo all’ABC. Ciowua prepara una squisita pizza che sicuramente è l’unica nota positiva della giornata.


Venerdì 02/05/03

Le condizioni di Paolo sono stazionarie, nessun miglioramento. Non è facile restare in attesa sapendo che più i giorni passano, più le possibilità di salita diminuiscono. Ho trascorso la giornata parlando con Ciowua di svariati argomenti. E’ una bella persona e spero di ricompensarlo in maniera adeguata al ritorno. Ho conosciuto un componente di una spedizione della Repubblica Ceca alquanto simpatico, mi ha invitato a bere un caffè servito in tazze di porcellana di Boemia.


Sabato 03/05/03

Giornata di vento forte! A dire il vero sono diversi giorni che il vento soffia forte, ma finora interessava solo i campi alti. Oggi la spedizione spagnola, la prima giunta al campo base, leva le tende. Dei tre componenti uno torna in Spagna, il secondo tenta il Lhotse e il terzo, che è un aggregato australiano, chiede un rinnovo del permesso di salita e si unisce ad un gruppo di connazionali. Nessuno di loro è salito al campo II nonostante un mese di permanenza all’ABC. Domani tocca a noi se Dio vorrà!


Domenica 04/05/03

Paolo purtroppo è afflitto da mille malesseri. Decide di “giocare le sue carte” durante l’assalto finale sperando nel frattempo di rimettersi. Nel pomeriggio saliamo quindi solamente Carlo ed io. Il vento si è attenuato e riusciamo a mantenere un buon passo. All’arrivo al campo I, ci accoglie una brutta sorpresa: la tenda di Carlo è stata distrutta dal vento e dovremo sostituirla. Nostro malgrado ci tocca dormire in una tenda per due con all’interno materiali per tre. Intanto il vento si infuria, il tedesco della tenda accanto registra 110 Km/h.


Lunedì 05/05/03

Vento forte tutta la notte che non accenna a smettere. Ci mettiamo subito a sciogliere neve all’interno della tenda. Con due ore di lavoro riusciamo a preparare le colazioni e tre litri di thè. Abbiamo deciso di tentare nonostante il vento. Gli zaini pesanti e il forte turbine non ci danno tregua. Nonostante l’abbigliamento tecnico riusciamo a sentire freddo ai piedi e alle mani, siamo vicini al grande seracco ma il buon senso ci impone di rinunciare visto che è difficile respirare e mantenerci in piedi. Torniamo al campo I a “leccarci le ferite” di questa giornata nefasta contraddistinta anche da episodi singolari che hanno visto protagonista Carlo. Costui per ben tre volte è riuscito a rovesciare qualcosa: in mattinata una pentola d’acqua all’interno della tenda, nel pomeriggio la minestra sulla giacca, sui pantaloni sino a inumidire le mutande, in serata, per completare l’opera, il pappagallo nel sacco a pelo!

Ci auguriamo la buona notte con l’auspicio di ritentare solo con il bel tempo!


Martedì 06/05/03

Nottata infernale! Sicuramente un ottimo test per la qualità della tenda. Avrei voluto essere in un qualunque altro posto piuttosto che qui, con un vento che ha toccato i 150 Km/h. Torniamo velocemente all’ABC, raggiunto il quale mi reco subito nella tenda di Paolo, che non sembra per niente migliorato. Mi accenna l’intenzione di tornare a Kathmandu poiché qui è una continua sofferenza. Chiediamo informazioni alla spedizione tedesca Amical, che ha dovuto mandare a casa già due alpinisti in cattive condizioni fisiche. La procedura è facile: basta recarsi al campo base cinese e chiedere all’ufficiale di collegamento una jeep per il confine nepalese Kodari pagando circa 250 dollari. Paolo non scenderà da solo, sarà accompagnato da un tibetano che gli porterà lo zaino con tutti gli effetti personali. Mi spiace molto per la sua partenza ma penso sia la scelta migliore!


Mercoledì 07/05/03

Salutiamo Paolo. Gli attendono almeno 6 ore di cammino in condizioni non certo buone. Gli ho consigliato, sicuro di una sua ripresa veloce una volta giunto a Kathmandu, di visitare la capitale e di recarsi a Pokhara per un breve trekking. Anche oggi giornata di attesa! Un alpinista australiano appena sceso dal campo I ci ha raccontato che la nostra tenda (una “North Face”, le migliori in commercio) é stata distrutta dal vento! Per fortuna i materiali non sono andati dispersi.


Giovedì 08/05/03

Da fonti informative certe abbiamo saputo che il forte vento di questi giorni ha colpito non solo l’area del Cho Oyu ma anche l’Everest, al cui colle sud (versante nepalese) oltre 60 tende sono state distrutte, mentre dal versante tibetano nessuno è ancora salito oltre il campo I. Qui comunque la situazione non è felice: le poche tende al campo II sono state tutte distrutte. Questa sera dopo cena all’interno della tenda registriamo –15°C! Dopo i pasti serali, il freddo pungente ci obbliga ad entrare immediatamente nel sacco a pelo. E’ un’annata assai particolare a detta di chi, come il cuoco ,è venuto qui diverse volte in questa stagione!

E’ tornato il tibetano che ha accompagnato Paolo al campo base cinese. Dice che Paolo sta proseguendo il suo viaggio per Tingri e sta meglio. Sono contento per lui!



Venerdì 09/05/03

Oggi dovrebbe essere l’ultimo giorno di attesa. Carlo ed io abbiamo costruito una rudimentale scacchiera e così trascorriamo la giornata. Ciowua ha preparato una deliziosa pizza. Oggi ho anche lavato la maglietta intima che indossavo dall’inizio della nostra spedizione, poiché quando mi sono svegliato stamani ho sentito un forte odore di capra ma di capre non ce n’erano!


Sabato 10/05/03

Al pomeriggio partiamo per il campo I. Ad accompagnarci il caloroso saluto di Ciowua. Giunti constatiamo i considerevoli danni alla tenda provocati dalla furia del vento. Armati di specifico nastro adesivo, cerchiamo di riparare al meglio il telo esterno che presenta strappi lunghi un metro. Il telo interno per fortuna è rimasto intatto.


Domenica 11/05/03

Discreta giornata che ci consente finalmente di giungere al campo II (7100 m), dopo avere superato due tratti difficoltosi: un seracco alto circa 40 m con inclinazioni comprese tra i 60° e gli 80° - per superare il quale abbiamo perso parecchio tempo a causa della presenza di alpinisti un po’ incapaci malgrado l’ausilio di corde fisse - e uno scivolo ghiacciato lungo una settantina di metri con una inclinazione a 45°, che comunque un’ulteriore corda fissa aiuta a superare. Tali tratti sono impegnativi e problematici specialmente lungo la discesa, magari accompagnata da malesseri vari e neanche tanto inconsueti: sfinimento fisico, edema, lesioni, congelamenti agli arti. Rimane un lungo itinerario che, eseguito con zaino pesante, induce a molta fatica. Fortunatamente la posizione del campo II è comoda, il vento è clemente e riusciamo a piazzare la tenda senza troppi problemi. Parallelamente al nostro arrivo, giunge una spedizione commerciale di tedeschi dotati di micro-zaini e accolti dai loro sherpa che già avevano montato le tende e preparato thermos di thè caldo!


Lunedì 12/05/03

Giornata splendida! Proseguiamo per il campo III (7500 m). In questo tratto non abbiamo trovato difficoltà tecniche di alcun genere, malgrado avessi letto della presenza di una parete rocciosa estesa per circa 25 m con passaggi di terzo grado, ma presumo che - per diverse condizioni di percorso e di innevamento - queste difficoltà si siano azzerate. Meglio! Arriviamo in ogni caso assai affaticati, piazzare la tenda è molto problematico poiché il terreno è inclinato e scomodo. Con enormi sforzi e dispendio di energie, creiamo un intaglio tra neve e pietre, riusciamo ad incuneare solamente metà tenda per cui dovremo stenderci con i piedi a valle appoggiati agli zaini. Nostri vicini di tenda sono Paul e Nick, gli australiani amici di Carlo, cui spesso visita all’ABC. Gli australiani non sono soli ma accompagnati da due sherpa alloggiati nella tenda accanto alla loro. Le condizioni così sfavorevoli a quelle quote fanno sì che diventa difficile tutto ciò che non sia scambiarci reciprocamente un rapido saluto. Riusciamo a sapere che hanno dormito qui già una notte. Speriamo e preghiamo che domani sia una bella giornata!


Martedì 13/05/03

Ennesima nottata infernale! Un dormiveglia continuo a causa della scomoda posizione, i sassi che si incuneano in ogni parte del corpo. Temperatura di –20°C all’interno della tenda. Avverto molto freddo nonostante indossi ai piedi tre paia di calze e guanti in piumino. Le avverse condizioni climatiche ci obbligano a rinunciare e attendere un nuovo giorno. Ogni movimento diventa uno sforzo enorme e sciogliere neve è assai problematico. Si contano i minuti ed è tutto molto penoso. Carlo ed io ci siamo imposti di restare al massimo due notti e poi scendere. Restare a queste quote con queste condizioni è come morire un po’ alla volta. E’ una brutta sensazione, si perde coscienza delle cose, si vive in un tepore continuo e si tende a rimanere inerti.


Mercoledì 14/05/03

Il vento si è infuriato e nella notte si è fatta strada la paura che la tenda non reggesse. Se succedesse qualcosa, qualunque imprevisto, sarebbe difficile reagire. La tenda rappresenta la nostra sicurezza, il nostro rifugio. Una notte senza tenda a queste quote può essere letale! E’ una brutta sensazione. Ci guardiamo negli occhi e decidiamo: dobbiamo scendere, ma la cosa non è semplice. Attendiamo le ore più calde della giornata nella speranza che il vento si calmi un po’. Il problema maggiore rimane smontare la tenda in queste condizioni climatiche. Alle dieci, dopo esserci accordati sui movimenti da fare in sequenza, usciamo dalla tenda e la smontiamo. Poi barcollando scendiamo verso il campo II. Nonostante la relativa celerità dei movimenti, viste le critiche condizioni al contorno, siamo entrambi “pizzicati” dal freddo alle estremità. Lungo il percorso ravvisiamo clienti accompagnati da guide in seria difficoltà, purtroppo è meglio concentrarsi su noi stessi. Al campo II la situazione meteorologica è alquanto diversa, ci possiamo fermare e iniziare a ragionare. Siamo stanchissimi e delusi, sappiamo che il giorno 19, cioè tra soli 5 giorni, arrivano gli yak a riprenderci. Nella mente prende corpo la voglia di ritentare onde per cui rimontiamo nuovamente la tenda e lasciamo all’interno sacchi a pelo, stoviglie, materassino, gas e il poco cibo rimasto. Ci poniamo l’obbiettivo di riprovare a salire sino alla cima direttamente da questo campo, pertanto ora dobbiamo riuscire a tornare all’ABC in giornata in modo da potere recuperare velocemente dalle fatiche impiegate. In entrambi i due tratti tecnici troviamo alpinisti sfiniti in difficoltà aiutati dalle loro guide, mi auguro per loro ogni bene. Incontriamo anche l’amico Blair che presenta tutte le dita di colore bluastro oltre che vesciche vistose. Ci spiega che la sua salita è terminata a 200 metri dalla vetta, il brutto ricordo lo accompagnerà per tutta la vita vista la probabile amputazione delle dita! Arriviamo all’ABC. L’ignaro Ciowua ci accoglie calorosamente con una torta che riporta la data di una salita che non c’è stata. E’ l’ennesimo episodio che aumenta la mia tristezza e la mia delusione! In ogni caso penso che la decisione di rinunciare sia stata più che corretta. Nel frattempo arrivano notizie di alpinisti in difficoltà ai campi alti.


Giovedì 15/05/03

Dopo tutti i disagi e i travagli sopportati, dormire all’ABC è come dormire nel letto di casa! A svegliarmi la brutta notizia di due alpinisti deceduti durante questa notte: un tedesco dell’Amical e Paul, l’australiano che dormiva nella tenda affianco alla nostra quando sostavamo al campo III. Quest’ultimo episodio, ci colpisce in particolare modo poiché lo conoscevamo. Nel suo Paese esercitava la professione di poliziotto ricoprendo posizione di comando, qui era il capo spedizione; era la quarta notte che trascorreva a 7500 metri, una decisione assurda! La speranza di salire in vetta gli aveva tolto la ragione! Carlo ed io restiamo interdetti e fortemente amareggiati di fronte a queste terribili notizie. E’ una giornata triste che mi lascia sbandato, arrivo a pensare che devo smetterla con gli ottomila, la vita è troppo preziosa per gettarla al vento!


Ultimi giorni.

Contattiamo uno sherpa dell’Amical che deve salire al campo II e gli chiediamo, quando scenderà, di riportarci dietro pagamento tenda e materiali. Sherpa e tibetani hanno cercato di trasportare la salma di Paul all’ABC; purtroppo lungo la discesa dello Killer Slope, il corpo è caduto subendo numerose fratture. Intanto i suoi compagni di spedizione hanno contattato un Lama tibetano e fatto erigere un piccolo tumulo di pietra in sua memoria; nel freddo pomeriggio si è celebrata una piccola cerimonia officiata dal Lama. Anche la salma del defunto tedesco è stata tumulata in un crepaccio nei pressi del campo II in seguito ad un’altra cerimonia religiosa. Questa sera arrivano gli yak e domani si torna alla civiltà! In questa stagione pre-monsonica sono arrivate all’ABC undici spedizioni, di cui il 90% in stile commerciale cioè con guide occidentali e sherpa in abbondanza. Di conseguenza non ho visto alpinisti, ma trekkers seguiti passo dopo passo per arrivare in campi attrezzati di tende, cibo, ossigeno, dottori ed ogni aiuto. Pochissime le persone salite sul Cho Oyo in questa stagione, conseguenza di condizioni climatiche parecchio pessime. Questa esperienza rimane nel bene e nel male un ricordo indelebile che come altri mi accompagnerà tutta la vita. Il contatto così vivo e vicino con la morte, il forte rapporto di amicizia con Carlo e Paolo, il profondo sentimento di stima e affetto per Ciowua, il freddo e i disagi dei vari campi, la mancanza delle persone care: Stefania e mia madre ed infine la paura del vento al campo III, mi hanno fatto sentire ancora una volta vivo e protagonista della mia vita.

FilmatoCHO_OYU_files/Filmato%20cho%20oyu.wmvshapeimage_3_link_0
FotoFOTO_CHO_OYU.htmlshapeimage_5_link_0

Flavio Facchinetti