SERVIZIO MILITARE - ALPINI PARACADUTISTI

IL MIO SERVIZIO MILITARE


Nonostante l’aiuto del generale Gallarotti di Valmaggiore (fraz. Di Quarona) non riesco a far parte del 118° corso AUC (Ufficiale di Complemento) e nell’agosto 1985 parto per Cuneo per effettuare il CAR nel Corpo degli Alpini. Qui non passano molti giorni e presento domanda per partecipare alle selezioni necessarie per entrare nel Corpo dei Paracadutisti. La domanda viene accettata e parto per Pisa destinazione SMIPAR, la scuola militare di paracadutismo, dove mi spiegano che se riuscirò a superare il corso probabilmente la meta finale sarà il Corpo dei Paracadutisti Alpini che conta circa 200 soldati in tutta la Penisola.

Eccomi a Pisa nello storico 3° BTG Paracadutisti Poggio Rusco dove sono presenti quattro compagnie, io sono stato incluso nella nona denominata Tigre.

L’addestramento di base prevede l’uso delle armi individuali, lezioni sui regolamenti ed altri argomenti pertinenti la vita militare unita ad un’intensa preparazione fisica che permetterà di superare le prove di ammissione al corso palestra.

Sono cinque le prove fisiche che occorre affrontare con successo: una corsa di 5 chilometri da sostenere in un tempo ragionevole, lo scavalcamento del cosiddetto “plinto” cioè una cavallina un poco più alta, il superamento di un muro alto due metri, il salto da 5 metri in posizione a squadra su un telo rotondo sostenuto dai compagni ed infine la “torre” cioè una simulazione di ciò che avverrà nel vero lancio con il paracadute dall’aereo. Quest’ultima è la prova conclusiva, in ogni caso chi non riesce a saltare dalla falsa carlinga della “torre” (a 16 metri di altezza) o non è in grado di superare anche una delle precedenti quattro prove deve rinunciare a diventare Paracadutista.

Comunque le vere difficoltà non sono di carattere fisico ma di natura psicologica. Sono ostacoli che si avvertono continuamente durante il giorno sino a culminare nel temibile contrappello serale. Per meritarci l’agognato riposo notturno siamo tutti costretti a subire un susseguirsi di disagi da parte dei nostri Caporali Istruttori, per i quali vige la regola non scritta: sbaglia uno, pagano tutti! Non si contano così i controlli ai  “cubi”, in gergo militare materassi piegati con lenzuola perfettamente posizionate, fatti e disfatti una infinità di volte, le assidue ispezioni alle scarpe da mantenere sempre perfettamente lucide anche sulla suola e ordinatamente annodate tra loro, i riscontri circa la sistemazione della sacca valigia da mantenere sistematicamente squadrata a forma di parallelepipedo grazie all’utilizzo di cartoni e ferri vari posizionati al suo interno, le verifiche relative all’effettiva pulizia dalla polvere in ogni angolo dei locali e il passaggio della cera sui pavimenti. Ogni sera al termine del perdurare di almeno un’ora di questo incubo, il risultato è sempre il solito: un cumulo di lenzuola, scarpe, vestiario disordinatamente ammucchiati al centro della camerata poiché qualcuno non ha eseguito correttamente le disposizioni per poi terminare con una laconica frase: cinque minuti e tutti in branda! La conseguenza  comporta di dormire con lenzuola prese a caso e non con le proprie madidi di sudore per la fatica….ma l’importante è riposare, domani sarà un altro giorno e l’incubo continua!

Grazie allo stress psicologico dei Caporali Istruttori è elevata la percentuale di chi intende rinunciare, d’altronde quello è il loro compito: SELEZIONARE! E’ normale poi vedere qualcuno costretto a “pompare” cioè svolgere flessioni a terra causa qualche errore durante l’addestramento e al cui primo cedimento è costretto, su richiesta dell’Istruttore, ad urlare la frase un po’ volgare: sono scoppiato, cagatemi addosso!

Esiste poi una percentuale minoritaria di chi rinuncia per non essere in grado di superare le prove fisiche. Ricordo con tristezza il giorno in cui un numero enorme di ragazzi ci salutano e insieme ai propri bagagli lasciano la caserma per andarsene in altri reparti poiché non ammessi nei Paracadutisti.

Per me tutto procede per il meglio, le fatiche e disagi sono ampiamente ripagati dalle soddisfazioni provate durante i lanci con il paracadute. Questi ultimi vengono effettuati con due aerei, il C130 e il G222, da un’altezza di 400 metri ed occorre superarne cinque per ottenere il brevetto di lancio militare, è un’esperienza davvero unica! Attaccati ad una fune di vincolo agganciata al cavo d’acciaio dell’aereo, si attende con trepidore il comando del direttore di lancio; nel cielo si percepisce una sensazione piacevole, non si avverte la paura del vuoto a differenza di quando, ad esempio praticando alpinismo, si è intenti ad arrampicare su passaggi esposti a precipizio, qui sembra quasi di pedalare in bicicletta su una strada solitaria che attraversa il deserto!

Con successo termino il corso e vengo trasferito a Bolzano nei corpo dei Paracadutisti Alpini, dove vengo informato che, avendo ricevuto l’incarico da marconista, dovrò recarmi per un breve periodo a San Giorgio a Cremano, località vicina a Napoli, per affrontare l’apposita formazione nella Scuola Trasmissioni. Il corso si tiene in un ambiente totalmente diverso da quello rigido da cui giungo e insieme a componenti di tutte le Forze Armate. Conoscere l’alfabeto fonetico “Nato”, imparare a trasmettere con il telegrafo e apprendere parecchie nozioni relative alle trasmissioni radiofoniche sono iniziative che tutto sommato si traducono in una bella esperienza poiché nella vita tutto può servire, se non altro per  migliorarsi come essere umano.

Rientro a Bolzano ed in seguito a Santa Cristina di Val Gardena, qui sono obbligato a  frequentare le montagne con assiduità, incomincia così l’esperienza più forte o meglio quella che più condiziona il mio futuro: la grande passione alpinistica.

Devo ringraziare gli insegnamenti dell’allora Capitano Fausto Macor Comandante della Compagnia Alpini Paracadutisti, oggi diventato Generale di Divisione degli Alpini. Ritrovarmi a Cellio dopo 22 anni con “l’uomo” Fausto Macor per le celebrazioni del locale gruppo ANA nell’anno 2008, è un momento importante ed emozionante della mia vita.

Ricordo la figura del Comandante che capeggia l’intera Compagnia durante la consueta corsa mattutina in salita intento con piglio deciso e autoritario a forzare l’andatura del gruppo, oppure si cimenta in prima persona in tecniche di combattimento “corpo a corpo” e spesso accade che qualche “botta”  la riceve anche lui! Questo per dire che l’allora Capitano Fausto Macor non solo impartisce ordini ma funge da esempio con il suo comportamento impeccabile!

Quest’ultima parte del servizio militare è caratterizzata da una richiesta di impegno fisico assiduo, da una serietà e precisione riflessi anche nei piccoli aspetti del vivere quotidiano, una vera lezione di vita!

Alla mattina è assolutamente vietato alzarsi dalla branda prima dell’orario stabilito. La levata suona con il grido: sveglia giù dalle brande, adunata in ginnica! I tempi sono troppo ristretti per inquadrarsi correttamente nel piazzale sottostante ed il più delle volte nell’orinare un po’ del liquido finisce per bagnare la tuta ginnica pronti e digiuni per la corsa mattutina. Gli itinerari si sviluppano sempre in salita, più o meno impegnativa, secondo percorsi sconosciuti e seguendo una strategia che ignoriamo, chi non riesce ad affrontare la prima fatica della giornata nei tempi e modi prestabiliti viene punito.

Alcuni giorni sono dedicati ad addestramenti specifici mirati a comprendere meglio le tattiche di guerra. Per imitare quello che realmente avviene nei conflitti bellici e in sostituzione delle pallottole a salve, l’allora Capitano Fausto Macor adotta un sistema assai più primitivo ma decisamente efficace: da una postazione fissa, magari posta sulle pendici di una vicina collinetta, piovono sassi di ogni forma e dimensione contro di noi, sfortunati assaltatori, intenti nel tentativo di espugnarla. La difficoltà è notevole!

Un momento che mai riuscirò a dimenticare accade durante uno dei tanti episodi di simulazione di condizioni critiche in situazione di conflitto bellico. Siamo distanti qualche centinaia di chilometri dalla sede di Bolzano e il Capitano mi ordina, in qualità di Marconista, di effettuare immediatamente un collegamento radio con Bolzano. Il Capitano ci tiene molto e dopo l’imperativo gli scappa la frase: Caporale Facchinetti se il collegamento le riesce le offro da bere! Velocemente sistemo le antenne filari orientandole nella maniera più corretta grazie all’ausilio di carte geografiche militari, quasi con stupore tutto mi riesce al primo tentativo. Il Capitano è visibilmente soddisfatto; quella frase io l’ho già dimenticata poiché il successo mi ripaga ampiamente. Il mio Capitano no: siamo in colonna sui mezzi motorizzati ed a un certo punto si segnala il fermo della compagnia. Il Capitano scende e si dirige velocemente verso un vicino bar, poi affianca il mio mezzo porgendomi una lattina di coca cola e me la offre in segno di ringraziamento del collegamento radio riuscito! Sono situazioni che si commentano da sole ….


IL GIORNO DEL CONGEDO: il termine del servizio militare è fissato a mezzogiorno in punto ma già la sera prima abbiamo consegnato tutto l’abbigliamento militare. Incredibile ma vero è con abiti civili che siamo chiamati a sostenere l’ultima corsa mattutina accompagnati da un evidente malumore: ragazzi di vent’anni oramai liberi dal servizio di leva e con il pensiero già a casa obbligati ad ottemperare ad un’ultima fatica!

Il Capitano Fausto Macor mi saluta con una eloquente espressione: Caporale anche nella vita!

Ci sono voluti parecchi anni per comprendere cosa intendeva dire il mio Capitano!


Villa del Bosco, novembre 2011


                                  CAPORALE  ALPINO  PARACADUTISTA  MARCONISTA

                                       FLAVIO FACCHINETTI   (6° scaglione 1985)


ANA Sezione Valsesiana

Gruppo di Quarona

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Flavio Facchinetti