VIA DEGLI ABATI

Ottobre 2017


I Cammini, indipendentemente dalla motivazione con la quale vengono affrontati, stanno esercitando una forte attrattiva e un vivace interessamento generale ed io non ne sono certo immune. Nel mio piccolo e compatibilmente con gli impegni quotidiani, da persona amante dell’avventura e della conoscenza ho provato, dopo le bellissime esperienze condotte in Spagna lungo i Cammini di Santiago francese e portoghese, ad affrontare una esperienza nuova, un Cammino italiano che non sia la già ben nota Via Francigena.

La via degli Abati.

La via degli Abati è un cammino che attraversa i monti appenninici in direzione di Roma: il tragitto più breve, da Pavia a Lucca e verso l’Urbe eterna, veniva utilizzato già nel VII secolo, legato alla figura di San Colombano, grande abate irlandese sepolto nel 615 a Bobbio.

Con i suoi circa 190 chilometri di sviluppo per 6800 metri di dislivello positivo è anche chiamata Francigena di montagna. Storicamente è sempre stata un’importante arteria di collegamento tra la bassa Lombardia e la Toscana, passando per l’Emilia Romagna nelle alte provincie di Piacenza e Parma, favorendo commerci e legami politici del tempo. Per contro è relativamente attuale la sua rivalutazione, grazie soprattutto al forte successo avuto da altri Cammini più blasonati, primo tra tutti il Cammino di Santiago di Compostela.  Va dato merito alle locali associazioni di appassionati che hanno ripreso e dotato di opportuna segnaletica il percorso originario, cercando di seguirlo il più fedelmente possibile lungo i sentieri e le carrarecce ed evitando altresì le strade asfaltate. Ad onore del vero anche i pochi tratti asfaltati sono scarsamente trafficati da autoveicoli e lasciano spazio alla quiete, basilare in un Cammino.

Da Pavia verso sud.

Ho affrontato il Cammino da Pavia passando per l’attiguo Parco del Ticino, ed è già un buon inizio! Si affianca il fiume per parecchi chilometri per poi attraversarlo mediante un ponte metallico nei pressi della sua confluenza nel Po. E’ proprio il seguito del tratto, l’Oltrepò Pavese, un’area geografica vicina a casa ma mai vista con i miei occhi, a regalarmi forse le emozioni più forti dell’intero viaggio, grazie alla presenza di distese a perdita d’occhio di vitigni, disposti in ordine geometrico sulle dolci colline, galvanizzati dai caldi colori autunnali e tanto da farmi pensare di camminare in un grande dipinto su tela!

Bobbio è la prima cittadina che merita una sosta grazie alla Basilica di San Colombano, gli stretti vicoli del borgo antico tra palazzi nobiliari e soprattutto il ponte vecchio, detto anche “ponte gobbo” che poggia su undici archi e campate.

In salita verso l’Appennino.

Il punto più elevato dell’intero tragitto è rappresentato dalla Sella dei Generali a quota 1217 metri, che raggiungo con un continuo sali scendi e un considerevole dislivello fortunatamente distribuito su lunga distanza; proprio questo è il denominatore comune per tutte le tappe giornaliere.

Bardi e Borgo Val di Taro sono due cittadine in cui si può trovare un po’ di tutto (farmacie, negozi, bar, ristoranti, alberghi, uffici turistici) mentre, per contro, durante il Cammino tra una tappa e l’altra si toccano solamente località abbandonate o costituite da seconde case, dove non si trova nemmeno un negozio di alimentari. Occorre pertanto organizzarsi già alla partenza per eventuali viveri o scorte di acqua. In aggiunta, si consideri come sia difficile interrompere le tappe più lunghe, per esempio le ultime due, poiché non si trovano alloggi intermedi.

Il registro del signor Pino.

Nella località di Osacca ho avuto il felice incontro con il sig. Pino. Ha posizionato sulla Via un paio di cartelli riportante la scritta “firma registro di Passaggio” e da quattro, cinque anni tutti i pellegrini sostano volentieri per firmare il registro e scambiare due parole. Proprio quest’anno, grazie all’uscita nelle librerie del libro edito da Terre di Mezzo sull’argomento, c’è stata la svolta e la presenta è aumentata a dismisura rispetto gli anni precedenti: da gennaio ad ottobre quel piccolo registro ha visto passare oltre 800 persone. Luglio e agosto rimangono i mesi di punta, ma una buona presenza si rileva anche in primavera e un poco meno in autunno. Dal mio punto di vista, attualmente il sig. Pino di Osacca è l’unico che può avere una voce in capitolo sulle presenze di questo Cammino; personalmente io quale prova di passaggio ho utilizzato la credenziale allegata al libro acquistato, che non ha un valore religioso tuttavia costituisce per me un semplice e irrinunciabile ricordo.

La settima e ultima tappa della Via.

L’ultima tappa, che da Borgo Val di Taro arriva a Pontremoli, è di ben trentatré chilometri; prevede il superamento di oltre mille metri di dislivello e per buona parte del percorso gode del refrigerio di un fitto bosco di castagni; immagino ad agosto quanto possa aiutare questa situazione! Contrariamente a tutte le giornate precedenti, dove ho pernottato presso agriturismi o pensioni, ho trascorso l’ultima notte presso l’ostello San Lorenzo situato all’interno del Convento dei Padri Cappuccini di Pontremoli, dove ho ricevuto un’accoglienza squisita, gestita dai volontari.

Le tappe.

Sono state sette:

Pavia – Monteveneroso                     26.8 km / 217 m

Monteveneroso – Caminata              20.7 km / 708 m

Caminata – Fontana                         29 km / 1330 m

Fontana – Groppallo                         30 km / 1500 m

Groppallo – Bardi                             21.4 km / 557 m

Bardi – Borgo Val di Taro                27.4 km / 1436 m

Borgo Val di Taro – Pontremoli      33.2 km / 1015 m

Gastronomia di un Cammino, alla scoperta delle specialità locali.

Quasi casualmente, in tre occasioni, ho avuto modo di degustare altrettanti piatti tipici locali di cui non ne conoscevo l’esistenza. Il Batarò della Val Tidone si presenta nel piatto come un semplice panino contadino; in realtà è una sorta di calzone che nella versione tipica e più apprezzata contiene pancetta e gorgonzola ma che si può degustare un po’ con tutto. I Pisarei e Fasoi sono un nutriente e gustoso primo piatto tipico della cucina piacentina, costituiti da gnocchetti di farina e pangrattato conditi con fagioli, lardo e pomodori. Infine i Testaroli al pesto di Pontremoli, ancora un piatto di pasta fresca fatta a mano a forma di dischi sottili tagliati poi a quadretti, da cuocere in acqua bollente ma a fuoco spento e conditi col pesto fiorentino.

Un tesoro turistico ancora sottovalutato.

In Italia abbiamo un potenziale enorme riguardo i Cammini: San Francesco, San Benedetto, la Via Lauretana, Santa Barbara, del Volto Santo sono solo alcuni esempi di quella rete di vie che permetterebbero di creare un indotto turistico e religioso senza confronti, se solo le Istituzioni ricalcassero l’esempio di Santiago di Compostela, dove dal nulla è nata una macchina turistica che crea occupazione e ricchezza in vaste aree non solo della Spagnama anche dei Paesi limitrofi.


Flavio Facchinetti


Flavio Facchinetti

2017 - VIA DEGLI ABATI

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