2011 - ALTA VIA DEL LARIO (LOMBARDIA)

ALTA VIA DEL LARIO


Venerdì  9/9/2011

Il meteo parla chiaro: per qualche giorno tempo stabile al bello e quindi ne approfitto per tentare questo trekking  che da troppo tempo invade i miei pensieri: l’Alta Via del Lario.

Parto presto, alle 4,30 di notte, per evitare di non trovarmi imbottigliato nel consueto traffico mattutino lungo la tangenziale di Milano e l’autostrada Como - Chiasso. Alle 7,00 arrivo a Menaggio, una ridente località sul lago di Como, il punto di arrivo del mio itinerario. Parcheggiata l’auto, con un bus di linea e lungo la litoranea proseguo sino al paese di Sorico a quota 213 metri slm. Da qui inizia il mio trekking.

A onor del vero, l’esatto punto di partenza è la chiesetta di San Bartolomeo, posta più in alto a 1204 metri, ma per problemi logistici – mancanza di mezzi pubblici – non posso che raggiungerla a piedi secondo un personale e faticoso tragitto.

Per portarmi a San Bartolomeo infatti effettuo un percorso che poco segue la tortuosa strada asfaltata anzi cerco di abbreviare il più possibile il cammino tracciando una linea immaginaria quasi verticale e inerpicandomi tra boschi e rovi, poco intenzionati ad aiutarmi! Il peso dello zaino colmo di alimenti per tre giorni, di un inevitabile sacco a pelo, di un materassino insieme ad abbigliamento vari rende il trasferimento non troppo piacevole. Del resto l’intenzione è di dormire e mangiare dove capita!

Lungo il percorso salgo sulla cima del Sasso Canale (2411 metri) e mediante un tratto attrezzato con catene mi porto all’intaglio sottostante il Pizzo Ledù, secondo un bel sviluppo di cresta in ambiente completamente incontaminato.

I veri problemi di questa prima tappa rimangono il considerevole dislivello di 2500 metri in salita, il lungo sviluppo dell’itinerario e soprattutto la carenza d’acqua da bere vista la giornata insolitamente torrida per il periodo. Mi devo accontentare, per combattere l’arsura, di leccare le rocce raramente lambite da qualche piccolo rigagnolo d’acqua; più che il mese di settembre questo è clima di fine luglio!

In questa prima giornata riesco a giungere sino al bivacco Petazzi (2241 metri) situato a pochi metri dal lago di Ledù, dove posso soddisfare la mia enorme sete.

Non passa un’ora e giunge un escursionista, un simpatico ragazzo di nome Mattia, che vive a Monza e che trascorrerà con me la nottata in rifugio. La sua intenzione è quella di portarsi domani alla Capanna Como per pernottare ed in seguito tornare a casa.

Tutti i rifugi dell’ Alta Via del Lario non sono aperti direttamente in loco e per dormire occorre recarsi dai gestori presso qualche località del lago per farsi dare le chiavi e qui pagare il pernotto. Fanno eccezione il bivacco Petazzi dove appunto mi trovo e il rifugio Iorio aperto e gestito a turno da volontari dell’operazione Mato Grosso, il cui ricavato aiuta i campesinos peruviani.

Con il mio neocompagno di nottata si chiacchiera sino a che il sonno prende il sopravvento verso le 20,30! Buona notte!


Sabato 10/9/2011

E’ la luce delle 7,00 a svegliarmi. Veloce colazione, saluto l’escursionista che ha meno fretta e mi avvio per questa seconda giornata di trekking. La destinazione che mi prefiggo di raggiungere è il rifugio Giovo posto a 1706 metri, di tabella dato a 12 ore di cammino da qui!

Inizia un nuovo percorso di cresta con inaspettate difficoltà tecniche che mi costringono a rallentare il passo, infatti lungo il primo tratto necessario per raggiungere la Capanna Como e anche in seguito in altri due punti percorro tragitti attrezzati con catene metalliche alternati ad impegnativi scivoli di pietrame, questi ultimi in caso di presenza neve o ghiaccio potrebbero creare non pochi problemi.

Giunto all’alpe Roggio (1700 metri) incontro un pastore che rende questa giornata proprio indimenticabile. Lunghe chiacchiere mi aiutano a capire meglio i luoghi in cui mi trovo: nell’area geografica del Lario c’è stato oramai da tempo un quasi totale abbandono dell’attività legata alla pastorizia, vuoi per le grandi possibilità occupazionali del settore turistico, vuoi per la promulgazione di normative che non solo non hanno aiutato tale mestiere ma l’hanno addirittura scoraggiato, modello di vita già duro di per sé.

Lui, figlio di un muratore, ha imparato il mestiere da ragazzo aiutando altri pastori nel periodo estivo ed in seguito con grande passione si è avvicinato con notevoli sacrifici a questa attività che tiene perennemente occupati 365 giorni all’anno. Ha capito che bisogna adeguarsi alla richiesta del mercato, per cui non vende il latte delle sue mucche dal valore irrisorio ma unicamente i vitelli da macello. Per contro possiede 250 capre che munge poiché il loro latte vale il doppio di quello delle mucche ed è più richiesto. Possiede maiali, i cui piccoli sono venduti a privati per le feste. All’alpe non può produrre formaggio per gli esorbitanti costi che sarebbero necessari per rispettare le leggi in vigore, ogni anno quello che riesce a guadagnare in più lo investe per migliorare la sua azienda, dove per qualche mese all’anno viene aiutato da due polacchi, dice che gli italiani non sono disponibili a questo lavoro. Tra i vari extra che gli consentono di creare entrate mi racconta della caccia ai cervi, qui consentita, dal guadagno lordo bisogna comunque togliere il costo del trasporto a valle con l’elicottero così come per tutto l’occorrente per la vita all’alpe durante la stagione estiva. Mi dice che in zona ci sono anche parecchi camosci, ma per legge non è possibile cacciarli al di sopra dei 1500 metri. Conclude che è contento della sua vita e di quello che ha realizzato, dei due figli che hanno studiato e che ora hanno trovato occupazione presso una filiale di banca, lui, presso un albergo, lei. Tra due anni il pastore potrà ambire all’agognata pensione e se la figlia lo desidererà, con il ricavato della cessione della sua azienda, potrà aiutarla ad aprire un proprio albergo, poiché a lui basta poco per vivere……………

Durante queste interminabili dialoghi mi offre caffè, vino e formaggio locale. Mi invita persino a rimanere per la notte, ma il tragitto prefissato per oggi è ancora lungo ed è meglio proseguire.

Grande e caloroso saluto nonché foto di rito per non dimenticare questo singolare incontro………..

Ultimi sforzi per giungere alla meta dopo una leggera deviazione al rifugio Iorio per salutare i volontari del Mato Grosso. Pernotto all’aperto  a circa duecento metri dal rifugio Giovo, che tra l’altro è chiuso.


Domenica 11/9/2011

Per essere il mese di settembre fa veramente caldo! Mi sono portato al seguito anche capi pesanti ma in questi giorni non posso che indossare solo pantaloncini corti e maglietta di cotone. Anche durante questa seconda nottata, completamente all’addiaccio, il sacco a pelo d’alta montagna era di troppo e ne sarebbe bastato uno più leggero!

Fugace colazione e alle 6,30 sono già in cammino.

Il percorso di oggi è decisamente più semplice rispetto alle tappe dei giorni scorsi. Solo in due punti hanno giustamente posizionato funi metalliche, fondamentali in caso di neve o gelo e mentre nelle precedenti tappe il percorso su effettivo sentiero, a mio avviso, non superava il 20% dell’intero cammino, oggi per la maggioranza del tracciato è presente un bel sentiero.

Tutta l’Alta Via del Lario è comunque ben segnalata con bollini rossi e bianchi e in caso di nebbia, che in queste zone pare essere la regola e non l’eccezione, occorre non allontanarsi troppo dalle indicazioni.

Nella tappa finale di oggi riesco a salire anche su due piccole cime: il monte Marnotto a 2088 metri e il monte Bregagno a 2107 metri.

Giunto al rifugio Menaggio a 1383 metri “ricompaiono le persone” tra l’altro di diverse nazionalità, quasi a compensare i rari incontri avvenuti nei giorni precedenti. Al rifugio la Via finisce……ma occorre recuperare l’automobile, se voglio tornare a casa!

Scendo quindi sino alla località di Breglia, a 767 metri, tra tratti di strada asfaltata e di sentiero, dove con un colpo di fortuna ottengo uno strappo in auto da una coppia di villeggianti tedeschi sino a Menaggio.

Finisce questa tre giorni di trekking assai impegnativo, magari non così valorizzato dagli amanti delle montagne, ma di indubbio interesse ambientale specie per chi è alla ricerca di luoghi isolati dove la natura è pienamente protagonista e sovrana.

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Flavio Facchinetti