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Flavio Facchinetti

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2017 - SENTIERO BOVE


IL SENTIERO BOVE


Venerdì  23 giugno 2017 - Domenica 25 giugno 2017

Giornata di lavoro 6.00-14.30, orario per me insolito visto che normalmente faccio “giornata”, è la conseguenza del caldo torrido, forse senza precedenti, che ci attanaglia in questo mese di giugno. Approfitto di questo pomeriggio libero e appena riesco parto in direzione Val Grande, in Ossola. L’obbiettivo è di percorrere il sentiero Bove in due giorni e mezzo, interessante itinerario che segue per cresta il periplo della Val Grande e dedicato appunto a Giacomo Bove. Di origini piemontesi, è considerato uno dei maggiori esploratori della metà dell’Ottocento, aveva esplorato la Patagonia e la Terra del Fuoco, riuscendo a trovare per primo il passaggio a nord-est, la rotta che, partendo dal mare del Nord, prosegue nel mar Glaciale Articolungo la costa della Siberia e, attraversato lo Sretto di Bering e il Mar di Berino raggiunge l’oceano Pacifico. Aveva poi contratto la malaria in un successivo viaggio nell’Africa Nera, contagio che lo aveva portato a togliersi la vita a soli 35 anni, puntandosi una rivoltella alla tempia.

Punto di partenza della mia cavalcata è la località di Cicogna. L’accesso stradale non è dei migliori, tanto che gli ultimi 11 chilometri prima di giungere a destinazione si percorrono su un’unica corsia per entrambi i sensi di marcia con qualche piazzola, stile Scozia, che agevola l’incrocio di due veicoli provenienti da versi opposti.

Abbandono l’auto in un piccolo parcheggio a bordo strada e situato a pochi metri dall’inizio del sentiero. Alle 17.00 circa il mio cammino inizia in direzione Rifugio Pian Cavallone, l’unico gestito sull’intero percorso e raggiungibile tramite un tragitto escursionistico. Dopo pochi minuti compare il primo bivio, qui occorre svoltare a destra scendendo al Ponte della Buia, a quota 463 metri il punto più basso dell’intero anello. Buona parte del percorso si snoda sotto una fitta coltre boschiva, ma il caldo che provo è infernale, proprio da “girone dantesco”. Compio una breve deviazione per salire la cima di Pian Cavallone, a 1564 metri, e finalmente arrivo a destinazione. I due rifugisti, Lorenza e Paolo, solo da pochi giorni hanno iniziato questa nuova attività gestionale e sono molto gentili con l’unico ospite della giornata. Lorenza mi prepara un abbondante piatto di pasta alle verdure, due uova al tegamino accompagnate da una fresca insalata di cavolo e una fetta di formaggio, oltre ad una squisita fetta di strudel, il tutto accompagnato da un bicchiere di vino e per concludere un caffè. Cena che ben ripaga della fatica spesa, poi subito a letto nel silenzio più totale.

Colazione alle 6.00 e via verso una vera e propria scorpacciata di cime. Nell’ordine supero il Pizzo Marona (2051 metri) con la sua bella cappella-rifugio, il Monte Zeda (2156 metri), la Piota (1925 metri) e il Monte Torrione (1984 metri). Le difficoltà si concentrano lungo il tratto di discesa dallo Zeda e durante il superamento del Torrione, dove comunque sono presenti lunghe catene metalliche di discreta fattura che facilitano l’incedere. Scendo quindi alla Bocchetta di Terza e imbocco il sentiero in direzione Pogallo, che si abbandona poco dopo per svoltare a destra lungo i fianchi della Cima Marsicce e poi del Cimone di Cortechiuso.

Per il pernottamento decido di portarmi al bivacco presente all’Alpe Cortechiuso, avendo visto da lontano presenza umana. Questo punto di appoggio è normalmente chiuso poiché privato, pertanto la sosta è garantita o chiedendo le chiavi o scorgendo i possessori, come nel mio caso. Sarà una scelta azzeccata per la piacevole chiacchierata coi proprietari e con due escursionisti svizzeri, giunti poco dopo di me.



Durante la nottata diluvia e senza complimenti! E’ l’alba quando aspetto il cessare completo della pioggia e finalmente alle 7.30 sono nuovamente in marcia. Mi porto alla Bocchetta Scaredi transitando i fianchi della Cima Laurasca e poi con breve deviazione salgo sulla Cima di Campo (2181 metri). Il sole sta guadagnando terreno permettendomi di ammirare tutto il percorso finora effettuato. Alla Bocchetta di Campo è presente un bivacco, che può tornare utile, il cui prelievo di acqua è possibile scendendo di un centinaio di metri. L’acqua è del resto il problema principale di questo bellissimo itinerario, spesso carente, ove è reperibile occorre farne una buona scorta.

Dopo la Bocchetta di Campo inizia la parte più pericolosa dell’intero anello, almeno per il mio punto di vista. Occorre superare le cosiddette Strette del Casé cioè un continuo sali-scendi tra canali scarsamente attrezzati, che in caso di pioggia, di roccia bagnata o in condizioni di scarsa visibilità possono diventare davvero pericolosi. Giungo quindi ai prati di Ghina da dove ha inizio la ripida discesa che conduce prima all’Alpe Cavrua quindi a Pogallo. Anche questa porzione di itinerario merita attenzione causa la carenza di segnali indicatori. Giunto a Pogallo, località “quasi turistica” per comodo sentiero raggiungo Cicogna chiudendo il periplo.

Itinerario che regala grande soddisfazione, forse meglio affrontarlo nei primi mesi autunnali onde trovare temperature più miti. In ogni caso occorre una buona dose di esperienza di montagna e buona capacità a muoversi in ambienti selvaggi.

Per me rimane, insieme al Lario e al Baldo, una grande traversata per amatori; decisamente più impegnativa rispetto ai due citati, se non altro per la lunghezza del percorso di circa 40 chilometri e il dislivello di 3500 metri.

Flavio Facchinetti