2001 - VULCANI INDONESIANI

VULCANI INDONESIANI


A cavallo tra gli anni 2001 e 2002, insieme alla mia compagna di vita Stefania, ho avuto la fortuna di viaggiare ininterrottamente per 14 mesi tra l’Africa, l’Asia e l’Oceania. Un’esperienza unica che mi ha permesso di vivere “il viaggio” come mai mi era capitato sino ad allora. Ho potuto avvicinarmi e cercare di conoscere le culture, gli usi, le tradizioni senza quell’immenso limite che è il tempo, la fretta di correre per cercare di vedere “più cose possibili” e quindi con l’occasione di comprendere maggiormente altri modi di vita diversi dal mio e non per questo meno giusti.

Durante questo periodo, Stefania ed io abbiamo trascorso due mesi nell’arcipelago indonesiano,  un Paese formato da oltre 13.000 isole, dove la varietà di culture e di ambienti insieme alla complessità della sua storia, lo rendono unico. La maggiore parte delle isole è morfologicamente contraddistinta da una natura montuosa, per lo più di origine vulcanica e con vulcani più o meno attivi. La loro ascensione può essere un modo per avvicinarsi a tutte le popolazioni che da millenni vivono ai loro piedi, oltre che offrire l’opportunità di godere di ambienti montani anche lontano dalle mie amate Alpi!

ISOLA DI SUMATRA  -  salita al Gunung Sibayak (2.095 m) dislivello 800 m

Berastagi è una piccola cittadina turistica situata a 70 Km dalla caotica città di Medan. Siamo nel regno dell’etnia dei Batak, antico popolo di origine proto - malese che un tempo praticava il cannibalismo. L’aspetto più interessante di questa popolazione è l’architettura delle loro enormi abitazioni, in genere vecchie più di cento anni, interamente realizzate in legno senza l’ausilio di chiodi o altri elementi metallici e con il tetto a forma di corno. Grazie alla presenza di numerosi vulcani, il più alto dei quali è il Gunung Sibayak, che vorremmo salire, la regione è assai fertile come dimostrano gli sconfinati campi coltivati a frutta e ortaggi.

Pernottiamo all’Hotel “Wisma Sibayak” di Berastagi, il proprietario ci regala una mappa stilizzata con molte informazioni per potere salire sul Gunung Sibayak, il dono ci è molto utile! L’itinerario viene descritto assai impegnativo tanto che viene segnalata una lista di escursionisti deceduti durante l’ascensione, perciò il proprietario ci consiglia di ingaggiare una guida locale. Il caso vuole che la guida consigliata sia lui stesso! Ignoro il consiglio sia perché odora di truffa sia perché consapevole della mia esperienza alpinistica! L’indomani mattina, con le prime luci dell’alba, ci incamminiamo dal nostro hotel verso i piedi della montagna. Il primo tratto non appare troppo interessante, forse a causa anche dell’eccessiva temperatura: ci muoviamo infatti lungo una strada sterrata immersa in una vegetazione infestante. Mentre ci apprestiamo a raggiungere la bocca del cratere, il paesaggio cambia e diventa assai piacevole. La rigogliosa vegetazione tropicale lascia il posto alla roccia nuda, lambita da bocche di zolfo fumanti; quasi in sommità si scorge un piccolo laghetto, quasi asciutto, dalle tenui tonalità azzurre. Percorriamo l’esposta cresta terminale che conduce al punto più alto della montagna. E’ solo in questo ultimo tratto che occorre un minimo di attenzione, per il resto l’itinerario si snoda lungo un sentiero ben segnalato e molto facile. In vetta ci gustiamo squisite arachidi acquistate al mercato di Berastagi ammirando un bellissimo panorama di carattere “lunare” e una distesa di sottostanti campi coltivati.

Effettuiamo la discesa da un altro versante e quasi interamente immersi nella foresta tropicale. Il sentiero sopravvive alla forza delle piogge equatoriali grazie ad una lunghissima scalinata il legno e pietrame, che un ragazzo incontrato a Berastagi sostiene avere ben 2600 gradini! Arroccati sul tetto di un autobus pubblico traboccante di persone, percorriamo gli ultimi chilometri che ci separano da Berastagi, anche questa è l’Indonesia!

ISOLA DI SUMATRA  -  salita al Gunung Merapi (2.890 m) dislivello 1.600 m

Arriviamo a Bukittingi dopo un viaggio in autobus durato ben quindici ore. La strada tutta curve è un continuo sali – scendi tra i rilievi centrali dell’isola. Una vera agonia! Il bus è in condizioni pietose e i sedili, quando ci sono, sono letteralmente sfondati. Bukittingi è una piacevole cittadina, abitata da genti di credo musulmano. Ciò incide notevolmente sui costumi, sull’alimentazione, sullo stile di vita. Il mercato variopinto è l’aspetto più interessante seguito dai numerosi locali, bar – caffè che si affacciano sulla via principale.

In questa salita siamo in compagnia di una guida – autista indonesiana e di Susanne, una ragazza inglese. Si parte in piena notte, con l’intento di raggiungere la vetta nelle prime ore di luce e gustare i colori del nuovo mattino. Il cielo è completamente stellato e lungo il sentiero una miriade di lucciole schiariscono il cammino. Il percorso si sviluppa quasi interamente tra gli alberi della foresta che riveste la montagna e solo nell’ultima ora di cammino, il tracciato si inerpica tra i ghiaioni costituiti da residui lavici delle passate e recenti eruzioni. Prima di affrontare quest’ultimo tratto, sostiamo per la colazione. La guida si prodiga: accende un piccolo focherello e ci prepara una tazza di caffè bollente da gustare con biscotti. Il freddo è pungente e solo il calore della fiamma rende sopportabile la sosta e tutti più loquaci, ognuno racconta le proprie esperienze e i propri sogni. Siamo in vetta nel momento del sorgere del sole, circondati da un panorama entusiasmante. Ad occhio nudo si vede il lago Danan Singkarak, le cittadine circostanti e persino il Gunung Kerinci (3.805 m). Foto di rito e ritorno a valle!

ISOLA DI JAVA – salita al Gunung Bromo (2.392 m )dislivello 400 m

A Cemoro Lawang arriviamo che oramai è notte. Ci accoglie un freddo intenso, un brusco cambiamento dopo il caldo secco della precedente tappa: la brulicante città di Yogyakarta. Questa località montana nei periodi di vacanze, di ricorrenze particolari e nei fine settimana è presa d’assalto da turisti indonesiani e stranieri, che vogliono intraprendere la facile ascensione al Gunung Bromo. Ritenuto il più famoso dell’Indonesia, è uno dei tre “modesti”  vulcani emersi all’interno dell’enorme cratere dell’antico vulcano Tengger, avente il diametro di 10 chilometri. Certo un fenomeno morfologico interessante, anche se nell’insieme non riteniamo l’area all’altezza della sua fama, forse per la troppa affluenza di persone, che lasciano ben poco agli inebrianti silenzi montani, forse per il nostro desiderio di conquistare una vetta inerpicandoci su sentieri piuttosto che percorrere lunghi tratti in piano e scalinate in cemento. Infatti, come fosse un rito, tutti partono durante la notte per assistere all’alba. Chi col fuoristrada, chi a cavallo e chi a piedi per attraversare l’immenso cratere del Tengger e portarsi ai piedi del Bromo, da cui una ripida scalinata in cemento di 246 scalini conduce alla bocca del cratere. L’unico sistema per non essere invasi da queste orde di vacanzieri è dimenticare l’alba e partire un po’ più tardi. Così abbiamo fatto e questo ci ha consentito di godere di quiete e tranquillità sul bordo del cratere. Ai piedi del Bromo è presente un tempio induista, religione che si sta rafforzando in tutta la regione grazie soprattutto alla vicinanza con l’Isola di Bali.

ISOLA DI JAVA – salita al Kawah Ijen (2.400 m) dislivello 800 m

Ci troviamo a Bondowoso, una città al di fuori dei classici circuiti turistici. Nemmeno in hotel comprendono la lingua inglese e nessuno ci può aiutare a compiere il nostro progetto: l’ascensione al vulcano Kawah Ijen. Bondowoso è una cittadina pulita e piacevole. La relativa vicinanza a questo vulcano e al bellissimo Ijen Plateau, un’altopiano  coperto in buona parte da piantagioni di caffé, consentirà profonde trasformazioni. Probabilmente tra qualche anno sorgeranno agenzie turistiche e migliaia di persone prenderanno d’assalto la zona. Ora per raggiungere Pos Paltuding, la località da dove inizia il trekking, non è molto semplice se si vogliono utilizzare mezzi pubblici. Chiediamo informazioni alla stazione dei bus. Un “bemo”, piccolo autobus pubblico, si dirige in quella direzione ma parte una volta completamente stipato (tipica usanza asiatica e non!) e ovviamente non si sa a che ora arriva (altra tipica usanza asiatica e non!)! Inoltre la sua corsa termina a Sempol e da lì mancano ancora 13 chilometri! Abbandonata l’idea di utilizzare un mezzo pubblico, riusciamo a convincere il proprietario di un “bemo” a portarci a Pos Paltuding, attendere il nostro ritorno dall’escursione e ricondurci in paese, dietro il compenso di una modica cifra. Si comprende subito che il ragazzo non è abituato a queste strana richiesta. Forse i più intraprendenti tra qualche anno sapranno creare una nuova opportunità di lavoro indirizzata ai turisti! Camminiamo lungo il percorso di salita, sovente incrociamo uomini carichi sino all’inverosimile che portano a valle enormi pani di zolfo strettamente legati tra loro, estratti dal fondo del cratere. Siamo incuriositi da questi lavoratori che, ricurvi dal peso dei pani, percorrono a passo svelto tratti di sentiero intervallando soste riposanti. E’ incredibile come queste persone riescano a non cadere visto che in discesa il tracciato si presenta molto ripido e scivoloso. Veniamo così a conoscenza del fatto che in fondo al cratere esiste una cava di zolfo: ogni giorno decine di indonesiani discendono sul fondo per estrarre il minerale, sopportando le tremende esalazioni sulfuree e la grande fatica necessaria per trasportare carichi fino a 70 chilogrammi di peso a valle, dove il minerale viene pesato e caricato su camion. Del resto sono pagati a cottimo, dunque più materiale trasportano, maggiormente sono retribuiti. E’ un lavoro massacrante, sul volto di questi uomini traspare tutta la fatica impiegata e noi saliamo le inerbite pendici riflettendo su quanto sudore è lasciato su questa pista giorno per giorno per, magari, un misero compenso.

Giungiamo in vetta, la vista del grande lago color turchese è una inaspettata sorpresa visto che non ne eravamo a conoscenza. Il bordo del cratere è incorniciato da una fitta vegetazione di bassi arbusti profumatissimi, che in qualche modo mi fa pensare alla mia Valsesia. Dal fondo del vulcano salgono continuamente i vapori di zolfo, che modificano continuamente il paesaggio, facendo apparire e scomparire ritagli di orizzonti diversi. Discendo le pendici del cratere e mi addentro nella cava, qui le esalazioni sulfuree sono terribili e nonostante la curiosità di assistere all’attività estrattiva mi allontano quasi subito. Il Kawah Ijen è senza dubbio una montagna molto interessante e unica nel suo genere! Parallelamente all’indiscutibile bellezza delle sue forme e alla presenza nel cratere di un meraviglioso lago sulfureo, è l’incredibile risvolto umano che ci colpisce maggiormente.

ISOLA DI BALI – salita al Gunung Batur (1.717 m) dislivello 900 m

Giungiamo a Kedisan, una turistica località all’interno di Bali. Il panorama è molto bello: un enorme lago è incorniciato da picchi montuosi, tra cui il Gunung Batur, la nostra prossima meta. L’origine vulcanica e la notevole presenza di acqua rendono la zona molto fertile, diffuse le piantagioni di frutta e ortaggi. Partiamo di buon ora, la luna ci rischiara il cammino e si respira l’aria frizzante di montagna, tutto sembra presagire un piccolo paradiso! Niente di più sbagliato visto che in prossimità delle pendici del Batur, siamo bloccati da un folto gruppo di ragazzi che ci obbligano al pagamento di un’onerosa “tassa di ingresso” comprensiva di guida, a giustificazione dei numerosi pericoli presenti lungo il percorso. Estorsione bella e buona! Con questo sistema i giovani di Kedisan hanno abbandonato ogni forma di lavoro e si dividono i proventi del “taglieggio”. Siamo venuti in questa località proprio per salire sul Batur, dunque dopo una vana e infuocata discussione, a malincuore ci pieghiamo al ricatto. Due ore di comodo sentiero, seguiti a distanza dalla “guida”, ci portano alla sommità. Il cielo è limpidissimo nella parte alta, mentre in basso un mare di nuvole impedisce la vista del lago. Come il Bromo, anche questo vulcano e il sottostante lago sono contenuti all’interno di una enorme caldera. Il magnifico panorama riesce a spegnere i malumori ed a riempirci gli occhi di gioia. La vista del Gunung Agung, prossima meta, è il regalo più bello.

ISOLA DI BALI – salita al Gunung Agung (3.142 m) dislivello 1.500 m

Posto tappa necessario per la salita al Gunung Agung è il remoto villaggio di Selat, dove è presente un’unica possibilità di alloggio. La gente qui è molto cordiale, forse perché il paese non è incluso nel classico itinerario turistico balinese, dunque i locali mantengono una certa disponibilità e genuità. Per la salita di questo vulcano ritengo che sia buona cosa chiedere la collaborazione di una guida locale, visto che l’inizio del sentiero dista qualche chilometro da Selat ed è raggiungibile unicamente con un mezzo di trasporto oltre a offrire un’opportunità di lavoro (e non un’estorsione di denaro come al Batur!) a giovani locali. Con l’intenzione di goderci l’alba partiamo in piena nottata, in pulmino raggiungiamo la località di Pasar Agung. Qui è presente un importante e venerato tempio induista, infatti la nostra guida sosta per una breve preghiera. Sull’isola di Bali sono numerosissimi i templi induisti. Ogni abitante nella propria casa possiede un piccolo altare dedicato alla preghiera, addobbato fantasiosamente con fiori, frutta, nastri, icone, statuette, immagini votive, incensi, dolci; tanto è che sembra quasi una forma di prestigio oltre che di devozione!

Il sentiero si presenta immediatamente quasi verticale,  abbastanza disagevole e molto scivoloso. Questa prima parte attraversa una fitta foresta, intricati rami e tronchi nodosi sono disposti lungo il tracciato. Lasciata la foresta, il sentiero sparisce e si segue lateralmente un canale formato dalle passate eruzioni sino al bordo del cratere, camminando su rocce. E’ un itinerario per escursionisti esperti che lascia comunque molta soddisfazione una volta raggiunta la vetta: si ha proprio la sensazione di scalare una vetta alpina! Dalla parte opposta rispetto alla nostra posizione è presente il punto più alto del cratere, proseguire verso tale punto è complicato visto che la roccia si presenta marcia e visibilmente frantumata. Beh, ci “accontentiamo” di ammirare da qui il sorgere del sole, sgranocchiando qualche nocciolina. In lontananza compare il Gunung Rinyani (3.726 m) sull’isola di Lombok mentre sotto di noi una distesa di nubi dense permettono al sole di riflettere l’ombra dell’imponente figura dell’Agung. Momenti da non dimenticare!

ISOLA DI FLORES – salita al Keli Mutu  (1.770 m) dislivello 1.000 m

Moni è un villaggio turistico, dove brulicano pensioni e piccoli hotel. Devo ammettere che non siamo dispiaciuti di qualche comodità dopo il lunghissimo e disagevole viaggio dei giorni passati. La nostra pensioncina è immersa nella natura: si ode unicamente il rumore dell’acqua del vicino torrente, degli uccelli e la sveglia del gallo. Sono le 5.30 del mattino, Stefania ed io lasciamo la camera diretti al nostro settimo vulcano indonesiano. Durante il cammino un torrente ci sbarra la strada, togliendo scarpe e calze, lo attraversiamo stando attenti a non scivolare e alcune sanguisughe ne approfittano! Si prosegue tra campi coltivati e sperduti villaggi fino a raggiungere la rotabile, realizzata per consentire ai turisti l’accesso al cratere del Keli Mutu direttamente in macchina. L’immenso cratere è suddiviso in maniera tale da contenere tre modesti laghi rispettivamente di colore turchese intenso, oliva e nero, conseguenza dei diversi minerali disciolti, la loro vista è spettacolare! Un sentiero permette di compierne il periplo. Il cielo è sereno e la forte luce solare permette di apprezzare maggiormente i forti contrasti di colori.

Concludiamo con il Keli Mutu la visita ai vulcani indonesiani. Magari questi appunti potranno essere uno stimolo ai lettori del bollettino per ripeterne l’esperienza, lo spero. Ciao a tutti!


Flavio Facchinetti



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Flavio Facchinetti